Disposofobia: il disturbo da accumulo

Facendo zapping alla tv, in passato ti sarà forse capitato di imbatterti nel programma “Sepolti in casa”. Il reality si concentra sulle vicende personali dei cosiddetti hoarder, termine inglese con il quale si definiscono i soggetti affetti dal bisogno di accumulare oggetti in modo compulsivo.

Questa condizione clinica ha un nome: si chiama disposofobia. La parola significa letteralmente "paura di buttare", dall'inglese to dispose (disfarsi di qualcosa) unito al suffisso “-fobia”. Il disturbo da accumulo è caratterizzato da un bisogno compulsivo di acquisire una notevole quantità di beni.

L'accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali della vita domestica: mobilità, alimentazione, pulizia e sonno. Tale disturbo è diffuso in tutto il mondo, apparentemente senza distinzioni di ceto, etnia, cultura di appartenenza o livello di istruzione, con una incidenza calcolata sul 4-5% della popolazione.

Cosa c’entra il self storage in tutto questo? Il self storage sta diventando sempre più popolare tra coloro che desiderano liberare spazio nelle proprie case. All’apparenza, questa soluzione sembra essere perfetta anche per coloro che sono inclini all’accumulo. In realtà, la facilità con cui è possibile archiviare oggetti attraverso il self storage può indurre le persone ad accumulare ancora di più.

Per evitare di ritrovarsi con un box pieno di oggetti accatastati alla rinfusa, può essere utile organizzare e ridisporre i beni all’interno del deposito in maniera ordinata e catalogata. Il vero obiettivo del self storage, infatti, non è l’accumulo di oggetti che non si useranno più, ma la custodia di beni che prima o poi torneranno utili.